L’uscita di Barbie al cinema ha travolto tutti. Da tempo, da quando si era diffusa la notizia di questo film, dei due attori protagonisti, di tutto quel rosa tanto che di quel rosa nel mondo forse non ne restava più.
Insomma, ci è venuta l’acquolina in bocca come quella che sta venendo a me in questo preciso momento (sento profumo di patatine fritte e sono le 10:51 di sabato mattina).

Armata di alte aspettative, ma anche ricca di dubbi su come queste aspettative sarebbero state trasposte sul grande schermo, quel maledetto 21 luglio andiamo al Cinema Arcadia di Melzo a vederlo.
Ricordo di aver riso molto, di essermi divertita un sacco e di aver pensato: “Questo film E’ IL FILM”. Questo fino a 50 minuti circa dall’inizio della proiezione.
Ad un certo punto, dall’interno della sala, sentiamo una raffica che sembrava ci stessero sparando sopra con una mitragliatrice. Era la grandine. Grossa come un pugno chiuso di una mano. Il fuggi fuggi generale ci ha fatto alzare dalle comode poltrone per andare a vedere cose fosse successo. La nostra preoccupazione primaria è stata la casa, che si fosse allagata. E invece abbiamo trovato la macchina…distrutta. (se volete farvi un giretto nel riassunto del mio mese di luglio, questo è il link).

Quindi, per me Barbie sarà sempre il film della reale presa di coscienza dei problemi legati al cambiamento climatico, che ci ha investiti come uno schiaffo brutale. Sai quando pensi: “Sì, ma queste cose a me non possono capitare”. Ecco, ti sbagli di grosso.

Siamo poi tornati a vederlo. All’Arcadia di Bellinzago, dove vuoi mettere l’auto al sicuro dal brutto tempo.
Barbie è sicuramente una commedia esilarante, con dialoghi divertenti e con tanta autoironia; ci si trova anche una vasta gamma dell’umorismo, da quello più raffinato e intellettuale alle gag sulla cacca (non so perché ma la cacca fa sempre ridere).
Proprio per questo dico che la scrittura sia sicuramente il punto forte di questo film in quanto riesce sia ad essere serio, ma anche a parodiarsi con leggerezza, con un ritmo sostenuto e senza annoiare. Questo fino alla prima ora di film. I successivi 50 minuti però qualche scivolone lo hanno preso.
Ma andiamo per gradi.

C’erano molti modi per fare un film su Barbie, ma il modo di Greta Gerwig mi ha sorpresa.
Al primo pensiero “distratto”, il messaggio di fondo mi è piaciuto tantissimo: non importa chi tu sia o da dove venga, i tuoi sogni meritano di essere perseguiti con tutte le forze che hai indipendentemente dal risultato perché sarà il viaggio a renderti chi volevi diventare. Pensiero che io, in realtà, ho amato davvero molto. Ma, esattamente a metà del film, arriva il monologo di America Ferrera (monologo scritto per lei da Maryl Streep) che ci dice che Barbie sia un giocattolo fascista; un modello inarrivabile destinato a minare l’autostima femminile e a perpetuare stereotipi utili al patriarcato. Boom!
(Questo monologo per me ha rappresentato l’apice del film: fino a quel momento è andato tutto bene, da quel momento è caduto tutto, soprattutto le certezze di Barbie – e ha accresciuto la consapevolezza dell’umana e pure la mia, che questo mondo faccia veramente cagare sotto tanti punti di vista).

Ho riso tanto, ho fatto sìsì con la testa, perché cazzo se in questo film si dicono cose vere e necessarie, sebbene con termini semplici (e tutto quello che volete). Ma soprattutto ho pensato e riflettuto, perché Barbie è tutto fuorché un film su Barbie. è un film che è in parte satira, in parte citazionismo e omaggio al cinema, in parte favola seria e in parte meditazione sulla natura dell’esistenza perché quelli che vengono presi in considerazione sono temi attualissimi, con pensieri che tutti abbiamo fatto o facciamo anche oggi, con cose che avremmo voluto dire e cose che avremmo voluto fare.
E c’è chi dirà che ho ragione e c’è chi, semplicemente, mentirà.

Barbie è un film su una bambola con cui tantissime bambine hanno giocato nella loro infanzia. Persino io, divertendomi a staccarle la testa a mordicchiarle i piedi. Non ho mai giocato a vestirle e a spostarle a seconda di dove volevo stessero. Ma torniamo a noi…Il film cita senza farsi alcun problema organi genitali, depressione, morte e capitalismo e dietro a tutto quel rosa che dopo un po’ diventa anche stomachevole si nasconde una profondità rara nel cinema degli ultimi anni. è un film che indubbiamente sta scuotendo, che sta facendo parlare tanto e su cui ci si sta interrogando tanto.

C’è l’interrogativo sulla perfezione. “Vivere a Barbieland significa essere perfetti in un luogo perfetto”, si dice nel film. Ma nel corso della trama, questa perfezione viene messa in discussione e rivalutata. Il film esplora l’idea che nessuno è completamente perfetto. Un altro tema dominante è la crisi esistenziale. I personaggi si confrontano con la realtà e la finzione, il passato e il presente, le scelte e i diritti, evidenziando la lotta interna e l’interrogativo sull’essenza della propria esistenza. Tornando a quanto scritto precedentemente, il film non evita di affrontare temi seri come la morte e la memoria, rendendolo occasione di riflessione sul significato della propria vita e di come vorremmo che essa fosse.

E non è forse questa la potenza del cinema?

Negli ultimi anni, di film così “potenti” al cinema ne abbiamo visti davvero pochi.

A questo film però manca qualcosa. La seconda parte non riesce a reggere la forza della prima, scadendo spesso in scene ridicole come la battaglia dei Ken, con battute banali, scontate e prive di forza per il messaggio importante che si voleva portare avanti.
Si dicono frasi quali: “oggi lo applichiamo bene il patriarcato, solo che lo nascondiamo meglio” e “le odiano tutti le donne, sia gli uomini sia le donne: è l’unica cosa su cui siamo d’accordo”. Si sentivano quasi le urla delle torri in caduta libera di Gardaland.

Il finale poi è quello di un moderno Pinocchio, con una bambola che inizia un percorso verso la trasformazione in essere umano. Ma perché? Non l’ho granché capito. Probabilmente perché in quanto Barbie Stereotipo, modello vecchio e superato, ha cominciato a pensare di voler essere una delle sue innumerevoli declinazioni?
Servirà un’altra visione, magari più critica e attenta per osservarne e coglierne più dettagli.