Che palle i soliti film di San Valentino. Mi sono sempre piaciute le commedie romantiche, quelle alla (500) giorni insieme, La verità è che non gli piaci abbastanza, la saga di Bridget Jones o ancora 50 volte il primo bacio. Sono un piacere peccaminoso che ci porta a guardarle e riguardarle ogni volta che ci passano davanti.
Le storie però si somigliano un po’ tutte, vivono di clichè e stereotipi che si ripetono puntuali. Lui e lei spesso all’inizio del film si odiano, poi succede qualcosa e sboccia l’amore. La protagonista (occhio perché nelle commedie romantiche il personaggio principale è sempre una donna, spesso bellissima e altrettanto spesso davvero sfortunata in amore, oppure è meno piacente, ma se si toglie gli occhiali…Le nostre protagoniste poi svolgono sempre lavori alla moda e cercano il loro Principe Azzurro, in una eterna messa in scena di Cenerentola.
Questi film ci hanno fatto sospirare, sognare la persona perfetta, desiderare l’amore più romantico…ma poi il piedistallo su cui era stato posto l’amore si è rotto. Ed è arrivata la disillusione. E allora abbiamo capito che l’amore è tutti e per tutti, che possiamo fare tutti i lavori che vogliamo (almeno in teoria), che possiamo desiderare anche una principessa guerriera o stare bene con noi stessi, non per forza in coppia.
Insomma, Cenerentola ci ha stancato.

Da ieri, giorno di San Valentino, al cinema potete vedere “La misura dell’amore” con la regia di Monia Chokri, che tutto è tranne che una commedia romantica. Anzi, è proprio il NON film di San Valentino. L’ho visto in anteprima al Cinema Arlecchino di Milano, invitata da Wanted Cinema.
Il film racconta l’amore, ma racconta anche il ruolo che la società, il background culturale e gli stereotipi svolgono nella definizione di un rapporto. Questo, secondo me, è il punto di forza di questo film. La regista usa la commedia romantica per ironizzare sulle convenzioni, le ribalta, per mostrare al suo pubblico la verità che sta dietro l’amore.

Quello che ci racconta è un rapporto a cinque, quello tra la protagonista Sophie, Xavier, il compagno con cui ha una relazione stabile da una decina di anni e che preferisce una vita pacifica ma senza sesso e Sylvain, il tuttofare, con cui Sophie riscopre una carnalità che la travolge. Ma a questo triangolo si aggiungono anche gli amici e le rispettive famiglie, convenzionali e disfunzionali che premono per il matrimonio e per i figli.

Chi non desidera il matrimonio e i figli è quindi escluso dall’amore?
Sophie parla d’amore durante i suoi corsi di filosofia all’università per la terza età e mette in pratica i suoi insegnamenti esplorando l’amore e il desiderio insieme a Sylvain, mettendo in discussione se stessa, la propria identità, il proprio sentire e il suo bagaglio di convinzioni e pregiudizi, che strutturano il suo sguardo alla continua ricerca di cosa sia per lei l’amore. Grazie alla filosofia, Sophie si ritrova a ragionare sull’amore come elemento irrazionale. Amiamo perché amiamo, l’amore ci colpisce come una malattia. E Sophie ne rimane incastrata, come in un eterno ritorno, un vortice da cui non si riesce ad uscire.

Una relazione che è caduta nella routine della noia è ancora una relazione amorosa?
Sophia cerca di avvicinarsi al suo nuovo amore. La troviamo infatti intenta a leggere un libro sulla caccia, mentre Sylvain, dalla sua, cerca di interessarsi all’arte e alla filosofia. Ma le differenze a volte sono troppe, non sono sempre fatte per essere colmate e superate. Quello che si può fare è accettarle.

È giusto provare a cambiare sé stessi o l’altr3 per amore?
Accade che, in una scena, Sylvain citi alcuni versi di una poesia, che vorrebbe essere romantica. Peccato stesse citando Michel Sardou, tra i più famosi cantanti e attori francesi, grandissimo xenofobo. Le parole, per Sophie, contano sempre molto, e quando Sylvain non sa che parola scegliere o non ne conosce il significato di un’altra, non può fare a meno di correggerlo o di spiegargliele.
“La sua intelligenza è più terrena,” spiega all’amica Françoise, come se si stesse scusando per lui. “Smettila di parlarmi male. Parla normalmente”, grida Sylvain durante una lite. “Nel mio mondo parlo normale”, risponde Sophia.

Quanto può durare un amore così divergente?

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